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Nel nome del Codice della Strada, una sfida civile al sistema delle regole stradali, non è un manuale tecnico, non è un trattato accademico, e non è la solita lamentela da social: è un viaggio lucido, ironico e amaro dentro il retrobottega della giustizia amministrativa “di tutti i giorni”, quella fatta di dinieghi fotocopia, silenzi, risposte a corrente alternata e protocolli usati come muri.
Altvelox nasce per una pretesa semplice e non negoziabile: i controlli sulla strada sono giusti solo se sono legali, trasparenti, verificabili, e fondati su strumenti regolari, non su parole comode scritte negli atti. Quando il cittadino chiede documenti, non opinioni, spesso parte la liturgia: “non è possibile”, “non risulta”, “si trasmette quanto in possesso”, poi silenzio, infine il timbro che chiude tutto.

Qui dentro ci sono casi simbolo, capitoli su trasparenza, censimento, pareri e decreti “salva sistema”, e un capitolo netto sulle circa 200 denunce di Altvelox: non un elenco, ma un metodo, documenti, protocolli, richieste istruttorie, risposte (quando arrivano) e silenzi (quando conviene). Quando lasci agli enti la scelta tra legalità e incasso, troppo spesso vince l’incasso, non per cattiveria, per comodità.
Poi c’è l’altro dato, quello che da solo spiega perché questo libro esiste: due velocità della giustizia. Da una parte, denunce documentate che restano ferme, senza un riscontro sostanziale percepibile; dall’altra, in un diverso procedimento, quando l’attenzione si concentra sulla tutela dell’istituzione, l’intervento investigativo si attiva subito, fino a perquisizione e sequestro.
Questo libro non chiede fiducia. Porta carte e nomi.

Non parliamo di “teoria”: parliamo di persone, verbali, accessi agli atti, e conseguenze concrete. I fatti raccontati sono realmente accaduti, i nomi sono reali, gli atti esistono, i protocolli pure, e i costi li pagano cittadini veri.
Se qualcuno si riconosce, non è un caso, è perché c’era davvero. Altvelox, nel giro di pochi anni, arriva a contare circa 6.900 iscritti in tutta Italia, con un’impostazione tecnico legale fatta di carte lette, atti chiesti, contratti verificati, certificazioni pretese, ricorsi scritti, e denunce ratificate quando la prova documentale non c’è o viene svuotata. È un lavoro ripetuto, stancante apposta. Proprio per questo serve.

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