Auto trafitte dai guardrail: nel 2025 è ancora strage sulle strade italiane.
- Altvelox
- 23 ore fa
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Nel 2025, in Italia, si continua a morire per colpa dei guardrail. Sì, proprio quelle barriere che dovrebbero salvare vite umane, in troppi casi le spezzano. Auto infilzate come lattine, lamiere squarciate, passeggeri incastrati tra acciaio contorto e disperazione. Una scena che si ripete, puntuale, sulle cronache locali. Ma nessuno, o quasi muove un dito. I responsabili della sicurezza stradale tacciono o peggio, ostacolano chi propone soluzioni concrete.

L'ennesima strage evitata per miracolo
03.07.2025 - Incidente nella serata di giovedì 3 luglio sul Ponte della Priula, al confine tra i Comuni di Susegana e Nervesa della Battaglia. Un’auto, per cause ancora da accertare, è uscita di strada autonomamente, andando a incastrarsi nel guardrail proprio all’imbocco del ponte.
21.01.2025, a Montespertoli (Firenze), l’auto di quattro ragazzi viene letteralmente trapassata da un guardrail. L’impatto è devastante: la barriera penetra l’abitacolo, divide la macchina in due. I ragazzi si salvano per miracolo, ma solo grazie all’intervento dei vigili del fuoco. Nemmeno 24 ore dopo, un altro episodio quasi identico a Schio (Vicenza). E pochi giorni prima, a Vallagarina (Trento), altri quattro giovani finiscono contro un guardrail. L’auto viene sventrata, il motore colpito in pieno. Anche qui, salvi per un soffio.

Ma non sempre va così. Il 27.12.2024 all’alba, tre ventenni in viaggio verso Malpensa impattano contro un guardrail all’uscita di Buscate Nord. Per uno di loro, 22 anni, non c’è nulla da fare. Muore tra le lamiere. Un altro viene portato via in elisoccorso in fin di vita. Una tragedia annunciata, come troppe altre.
Ma non possiamo dimenticare la tragedia del 03.10.2023 dove un bus è caduto da un cavalcavia di Mestra aprendo come il burro un vecchio e arrugginito guardrail mai sostituito negli ultimi 20 anni. Ne avevamo già parlato in questo articolo.
Guardrail: più trappole che protezioni
La realtà è sotto gli occhi di tutti, ma continua a essere ignorata con una pericolosa ostinazione. La maggior parte dei guardrail installati lungo le strade italiane sono obsoleti, realizzati secondo standard tecnici che risalgono a decenni fa, mai aggiornati, raramente manutenuti e quasi sempre in contrasto con le più elementari norme di sicurezza stradale oggi vigenti in Europa.
Molti di questi dispositivi non sono altro che lamiere taglienti rivolte verso la carreggiata, con estremità terminali non smussate né protette, che in caso di urto agiscono come vere e proprie lame capaci di squarciare veicoli e corpi umani. Altri sono pali metallici scoperti e privi di sistemi antiurto, posizionati in modo tale da amplificare la violenza dell’impatto. A peggiorare il quadro, moltissime barriere non sono nemmeno correttamente ancorate al suolo con fondazioni solide in cemento o a profondità regolamentari, ma semplicemente infisse in terreni instabili o accostate all'asfalto con modalità improvvisate.

Questo scenario non è solo preoccupante, è tecnicamente e moralmente inaccettabile. Non parliamo di casi isolati o episodi sfortunati, ma di una condizione strutturale sistemica e conosciuta da tempo, sulla quale le istituzioni tacciono e non intervengono, lasciando ai cittadini il ruolo di vittime sacrificali di un sistema inefficiente.
I motociclisti sono da sempre le vittime più esposte a queste carenze. Da anni denunciano che il rischio mortale non è l’urto in sé, ma l’assenza di dispositivi secondari di contenimento, come le fasce sottoguardia che coprano i pali verticali o i sistemi di assorbimento dell’energia d’impatto. In moltissimi casi, chi cade dalla moto finisce per impattare con il corpo direttamente sui montanti metallici, causando lesioni spinali irreversibili, amputazioni, o morte istantanea.
In paesi come Francia, Germania, Austria o Spagna, questi sistemi secondari sono obbligatori per legge da anni, soprattutto nei tratti stradali ad alta percorrenza motociclistica. In Italia no. Le soluzioni esistono, sono sul mercato, sono collaudate, sono certificate CE secondo la norma UNI EN 1317, che stabilisce le classi di prestazione, i criteri di prova e le modalità di installazione dei dispositivi di ritenuta stradale. Ma vengono ignorate, boicottate o ritenute “non prioritarie” da molti enti gestori.

È ancora più grave il fatto che alcune aziende italiane abbiano sviluppato tecnologie avanzate, barriere intelligenti, sistemi modulari di contenimento e attenuatori d’urto con elevate prestazioni certificate a costi sostenibili. Queste aziende sono pronte a intervenire, a mettere in sicurezza chilometri di strade con prodotti omologati e pienamente conformi alle normative europee. Ma spesso si trovano bloccate da burocrazie locali, gare truccate, mancati stanziamenti di fondi, oppure dall’inerzia cronica degli enti gestori come ANAS, Province, Comuni che preferiscono rinnovare vecchi appalti o rimandare sine die le sostituzioni.
La domanda è: perché si accettano ancora dispositivi che non proteggono, ma uccidono? E perché chi propone soluzioni concrete viene trattato come un problema anziché come un’opportunità? La risposta sta nell’intreccio perverso tra inefficienza amministrativa, responsabilità tecniche scaricate, mancanza di volontà politica e totale assenza di una visione integrata di sicurezza stradale. Un intreccio che genera morti evitabili, sofferenze permanenti e un senso diffuso di impotenza tra chi percorre ogni giorno quelle strade.
Eppure, basterebbe poco: un censimento nazionale dei guardrail pericolosi, la revoca immediata dell’uso di dispositivi non conformi, l'obbligo di installazione di fasce salva-motociclisti e l’attivazione di un fondo centrale vincolato per la sostituzione progressiva dei dispositivi di ritenuta più obsoleti. Sono misure urgenti, già previste da normative nazionali ed europee, ma in Italia restano sulla carta. Nel frattempo, i guardrail italiani non proteggono, non prevengono, non salvano vite. Sono reliquie di un’epoca passata che oggi si trasformano in strumenti di morte. E chi ha il dovere legale di intervenire, sta contribuendo per omissione, ad una strage silenziosa.

Chi ha la responsabilità di queste omissioni criminali?
La normativa esiste. Il Decreto Ministeriale del 2004 stabiliva già l’obbligo di mettere in sicurezza “ostacoli e manufatti” lungo le strade. Ma è rimasto lettera morta. Sulla carta si protegge, nella realtà si abbandona. E mentre il Ministero delle Infrastrutture è impegnato in campagne ideologiche contro i 30 km/h a Bologna, sulle strade reali si continua a morire di acciaio vecchio e incuria.
Nel 2019 era stato approvato un decreto per l’introduzione di guardrail salva motociclisti. Sono passati cinque anni. Il decreto è rimasto nel cassetto. A novembre 2024, il Ministro Salvini ha promesso nuovi fondi per la sicurezza stradale. Parole. Intanto, i Comuni non ricevono un euro, gli enti gestori tagliano sulla manutenzione e chi propone soluzioni innovative viene sistematicamente ostacolato.
Ci sono aziende italiane che hanno sviluppato barriere di nuova generazione, sistemi intelligenti per la protezione stradale. Ma vengono ignorate o boicottate. Non perché non funzionino, ma perché rappresentano un’alternativa scomoda a un sistema cristallizzato, dove l’inerzia e l’appalto agli amici valgono più della vita di un ventenne.
Basta silenzi, servono nomi e responsabilità
Chi sono i responsabili di queste morti? I dirigenti dei compartimenti ANAS? I tecnici degli enti locali? I ministri che firmano i decreti e poi li dimenticano? Gli amministratori che ignorano le segnalazioni delle associazioni e le lettere delle famiglie delle vittime? È tempo di nomi, cognomi, denunce. Perché se una barriera è omologata nel 1985 e uccide nel 2024, qualcuno deve risponderne. E se un’azienda propone una soluzione che salva vite e viene ignorata per interessi economici, siamo davanti a un crimine.

La sicurezza stradale non è un optional
L’Italia ha bisogno di una rivoluzione nella gestione della sicurezza stradale. Non servono più promesse, servono interventi immediati: censimento delle barriere pericolose, sostituzione urgente di quelle obsolete, investimenti veri e trasparenti. E, soprattutto, collaborazione con chi propone soluzioni concrete, senza più blocchi o sabotaggi politici e burocratici. Fino ad allora, ogni auto infilzata da un guardrail non sarà una tragica fatalità. Sarà l’ennesima, prevedibile, colpevole omissione di chi avrebbe dovuto proteggere e ha preferito voltarsi dall’altra parte.
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