Nuovo giro di vite della Suprema Corte di Cassazione, che con una recentissima sentenza pubblicata lo scorso 31 agosto 2023, censura per l'ennesima volta l'utilizzo indiscriminato degli autovelox. Questa volta puntando il dito sulla segnaletica. Amministrazione condannata al risarcimento delle spese.
Nel 2018 il Singnor G.G. proponeva opposizione dinanzi al Giudice di Pace di Ferrara avverso il verbale di contestazione della violazione dell’art. 142 comma 9 C.d.S., emesso dalla Polizia locale appartenente alla Unione (omissis) , per eccesso di velocità rispetto al limite di 70 Km/h, con sanzione di circa Euro 550 e decurtazione di sei punti sulla patente di guida. Il ricorrente faceva valere l’omesso rispetto della distanza minima di un chilometro tra il segnale di limite di velocità e l’autovelox, di cui all’art. 25 comma 2 della Legge 120/2010 e capo 7.6 allegato al D.M. n. 282/2017. Rigettata in primo grado, l’opposizione è stata poi accolta in secondo grado. La Pubblica Amministrazione è ricorsa in Cassazione l’Amministrazione con tre motivi tutti rigettati dalla Suprema Corte.
Addio quindi alla multa del Signor G.G. e il taglio dei punti patente, perchè l'autovelox era posizionato a meno di un chilometro dal segnale indicante la velocità massima consentita. E dice la Cassazione, il principio è valido anche se il segnale ripete quello precedente.
Non conta infatti, che lo spazio minimo tra il cartello e l'autovelox serva a consentire al conducente di ridurre la velocità evitando cosi rischi per se e gli altri utenti; il segnale contiene una imposizione che va oltre l'esistenza di un precedente segnale indicante il limite della velocità. Cosi recita la sentenza dello scorso 31 agosto 2023 della Suprema Corte di Cassazione.
Bocciato definitivamente quindi il ricorso promosso, sempre a spese dei cittadini, dalla Unione dei Comuni, impugnazione già respinta in prima istanza dal Giudice di Pace di Ferrara che aveva gia sospeso la sanzione emessa in capo al Signor G.G.
Secondo la tesi perdente dell'Unione dei Comuni, la distanza minima del segnale indicante la velociità massima, posto ad una distanza inferiore di 1 chilometro, dovrebbe essere necessaria soltanto quando il segnale impone di abbassare per la prima volta la velocità e se il segnale ripete l'imposizione di limite precedente.
Il D.M. 282/2017, impone che: "Nel caso di diverso limite della velocità anche solo lungo un solo ramo dell'intersezione stradale, sia maggiore che minore rispetto a quello ripetuto dopo l'intersezione, la distanza minima di un chilometro sia compuata dopo quest'ultimo, in moto tale di garantire a tutti gli utenti della strada in approccio alla postazione di controllo elettronico, il medesimo trattamento".
Ma la Suprema Corte di Cassazione non l'ha vista in questo modo, in quanto ha ritenuto questo Decreto Ministeriale irragionevole ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione, perchè equipara l'intersezione di strada ove il limite di velocità è minore (nel caso impugnato) all'impotesi in cui il limite della velocitià è maggiore. Ma il segnale prescrive comunque un divieto - quello di superare una determinata velocità, per quanto il limite sia preesistente - mentre il D.M. 282 risponde ad una esigenza di semplificazione "che anche lo espone a rilievi sul fronte della ragionevolezza ex art. 3 della Costituzione.
Ancora una volta la Cassazione si è pronunciata bacchettando quelle Amministrazioni che prima di mettere in sicurezza le strade pensano a come fare cassa per sistemare i bilanci in nome della stessa mancata sicurezza. Se poi vi fossero stati gli obbligatori Piani di Sicurezza Stradali, questi cartelli sarebbero stati posizionati regolarmente dai tecnici.
Questa volta è andata bene al cittadino, la Cassazione ha rigettato l'opposizione della P.A. condannandola al risarcimento della parte ricorrente di tutte le spese del giudizio, che liquidando in Euro 550, oltre a Euro 100 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi e agli accessori di legge.
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