Sindaci tra scudo e responsabilità: la riforma che divide giuristi e tribunali.
- Altvelox
- 6 ott
- Tempo di lettura: 3 min
La legge 35/2025 introduce un tetto ai risarcimenti civili per i sindaci e i revisori, legandoli ai compensi percepiti. Ma la norma, pensata per riequilibrare doveri e rischi economici, solleva dubbi interpretativi e possibili effetti distorsivi su controlli, governance e giustizia risarcitoria.

La nuova responsabilità civile dei sindaci, entrata in vigore il 12 aprile 2025, ha riscritto in modo sostanziale l’art. 2407 del codice civile. La legge 35/2025 ha introdotto un limite massimo ai risarcimenti dovuti da sindaci e revisori in caso di danni cagionati per colpa, escludendo solo il dolo.Un argine che lega la responsabilità economica al compenso percepito: fino a 15 volte per retribuzioni inferiori a 10 mila euro annui, 12 volte per quelle fino a 50 mila, e 10 volte per importi superiori.
Una misura nata per tutelare la funzione di vigilanza da rischi patrimoniali sproporzionati, ma che ha già diviso la dottrina. Da un lato, chi vi legge una riforma “di civiltà”, che riconosce la peculiarità del ruolo dei sindaci e limita la loro esposizione economica rispetto a quella degli amministratori operativi. Dall’altro, chi teme che la norma finisca per ridurre la deterrenza dei controlli interni, creando una disparità di trattamento con figure analoghe amministratori non esecutivi, indipendenti e componenti dei consigli di sorveglianza tuttora soggetti a responsabilità illimitata.

La novità più controversa riguarda però l’ambito temporale di applicazione. Parte della giurisprudenza, come il Tribunale di Venezia (luglio 2025), esclude che il tetto ai risarcimenti possa valere retroattivamente. La regola, si sostiene, incide sul diritto sostanziale e quindi non può applicarsi a fatti o giudizi sorti prima del 12 aprile 2025, pena la violazione dell’affidamento delle parti lese al pieno risarcimento del danno. Di diverso avviso il Tribunale di Bari (aprile 2025), che la considera norma “procedimentale”, cioè un semplice criterio di quantificazione del danno. Una lettura minoritaria ma già utile ai sindaci coinvolti in procedimenti pendenti.
Il legislatore stesso sembra consapevole della confusione. Un ordine del giorno del Senato (12 marzo 2025) ha impegnato il Governo a chiarire l’applicabilità della legge ai giudizi in corso, mentre un disegno di legge (n. 1426/2025) in discussione alla Commissione Giustizia propone una disciplina transitoria esplicita.

Altro nodo irrisolto riguarda il perimetro della responsabilità. Il nuovo art. 2407 c.c. tace sulla solidarietà tra sindaci e amministratori, inducendo alcuni interpreti a ipotizzarne il venir meno. Ma il combinato disposto degli artt. 1292 e 2055 c.c. e dei principi di vigilanza societaria (artt. 2086, 2403 c.c.) porta a concludere diversamente: la responsabilità solidale resta, anche se attenuata nei limiti del nuovo tetto.
Non mancano poi risvolti pratici. Il riferimento al “compenso percepito” come base di calcolo crea incertezze nei casi di compensi non ancora corrisposti o deliberati in forma variabile. Inoltre, la riduzione del rischio patrimoniale potrebbe incidere sulle polizze assicurative stipulate dai sindaci: premi più bassi ma coperture meno adeguate, con il rischio di una “zona grigia” in caso di danni rilevanti.
La riforma, in definitiva, nasce da una logica condivisibile proteggere chi vigila senza poteri gestionali ma rischia di indebolire la stessa funzione di controllo. Il limite al risarcimento, applicabile anche alla colpa grave, può generare comportamenti lassisti e ridurre la tensione etica del ruolo.
Non si tratta di abuso d’ufficio, reato ormai abrogato, ma di ipotesi che possono comunque configurare responsabilità penali, come omissione di atti d’ufficio (art. 328 c.p.), falsità ideologica in atto pubblico (art. 479 c.p.), o anche concorso omissivo in bancarotta o reati societari.
Una riforma, dunque, con luci e ombre: più tutela per i sindaci, ma anche meno certezza per i danneggiati e un equilibrio ancora da trovare tra garanzia e responsabilità.
Commenti