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Rovigo: Autovelox verità spente e casse in allarme quando il racconto pubblico sorvola sui dubbi di legittimità.

Altvelox chiede rettifica al Gazzettino e segnala il caso all’Ordine dei Giornalisti del Veneto, sostenendo che i velox privi di omologazione non possono essere presentati come “regolari” e che neppure i nuovi dispositivi “di nuova generazione” risultano automaticamente conformi alla legge, mentre il mancato milione di euro in verbali non può giustificare né l’uso di strumenti controversi né una narrazione sbilanciata solo sugli incassi.


Esposto all'Ordine dei Giornalisti e richiesta di immediata ratifica
Esposto all'Ordine dei Giornalisti e richiesta di immediata ratifica

Il Gazzettino, edizione di Rovigo del 15 novembre 2025, ha raccontato il ritorno dei velox sulla tangenziale di Rovigo come una buona notizia per la sicurezza e per il bilancio comunale. Il problema è che, nel farlo, propone una ricostruzione che, a giudizio di Altvelox, non rispecchia correttamente il quadro giuridico vigente. I vecchi apparecchi vengono descritti come “non fuori legge”, i nuovi come “di nuova generazione” e quindi, per implicito, percepiti dal lettore come pienamente a norma. E la vera “vittima”, secondo l’articolo, risulta essere il Comune, che avrebbe perso quasi un milione di euro di multe in undici mesi. In questa impostazione il punto di vista del cittadino correttamente informato e realmente tutelato finisce di fatto sullo sfondo.


Partiamo dal punto centrale.


Il Gazzettino di Rovigo del 15.11.2025
Il Gazzettino di Rovigo del 15.11.2025

Gli autovelox spenti sulla tangenziale di Rovigo non erano semplicemente “vecchi”. Erano privi di omologazione. L’articolo 45 comma 6 e l’articolo 142 comma 6 del Codice della strada pretendono che gli strumenti di misurazione della velocità siano omologati, non solo “approvati”. L’articolo 192 del Regolamento e il Testo unico delle leggi metriche (R.D. 7088/1890) chiariscono che approvazione e omologazione sono procedure diverse, con controlli diversi e finalità diverse. La Corte di cassazione, con le ordinanze civili n. 26521 del 1 ottobre 2025 e n. 29318 del 5 novembre 2025 e con la sentenza penale n. 36051 del 5 novembre 2025, ha ribadito che non esiste alcuna equipollenza tra le due procedure e che senza omologazione le sanzioni sono viziate alla radice. Dire che quei velox “non erano fuori legge” è quindi contrario alle norme e alle decisioni di legittimità.


Secondo passaggio fuorviante.


Il giornalista Luca Gigli scrive che i nuovi autovelox sono “apparecchi di nuova generazione” acquistati “per essere al passo con le normative sulle omologazioni”. Il lettore medio traduce così: prima c’era qualche dubbio, ora è tutto regolare. In realtà anche i nuovi dispositivi sono solo approvati, non omologati. La loro modernità tecnologica, il fatto che fotografino meglio “in ogni condizione di luce e climatica”, non sostituisce il decreto di omologazione che la legge richiede. Un autovelox di ultima generazione, ma non omologato, resta giuridicamente illegittimo come quello di vent’anni fa. E chi continua a usarlo dopo le pronunce della Cassazione si assume responsabilità non banali, anche sul piano penale e contabile.


Il capitolo “mancato milione di euro”.


L’articolo arriva a scrivere che lo spegnimento dei velox avrebbe prodotto un ammanco quasi di un milione di euro di multe, con effetti sulle casse comunali e sulle opere di sicurezza stradale, perché almeno il 50 per cento dei proventi deve essere destinato a interventi previsti dall’articolo 208 CdS. Il messaggio è chiaro: meno multe, meno soldi, quindi meno manutenzione e sicurezza delle strade.


È un’impostazione distorta. I proventi delle sanzioni sono entrate aleatorie, legate a violazioni effettivamente accertate e soprattutto legittime. Non esiste il “diritto” dell’ente a incassare comunque. Esiste il dovere di accertare solo nel rispetto della legge e di programmare la sicurezza stradale con strumenti strutturali, piani ex articolo 36 CdS, manutenzioni programmate, scelte serie sulla circolazione, non con il pilota automatico dei verbali.


Lealtà tra Ente pubblico e Cittadini.


Sebbene gli autovelox fossero spenti da un anno, “l’effetto di deterrenza alla velocità si è ottenuto in ogni caso” rivela un ulteriore problema. Il giornalista ammette che il semplice presidio visivo del dispositivo autovelox, anche spento, ha indotto gli automobilisti a rallentare. È la prova che la prevenzione si può ottenere con segnaletica chiara e dispositivi gestiti correttamente.


Ma non è consentito alla pubblica amministrazione “prendersi gioco” del cittadino per ottenere un risultato anche astrattamente lecito. Il rapporto tra ente e utente della strada deve essere improntato a lealtà e trasparenza, come impongono l’articolo 1 della legge 241 del 1990 e l’articolo 97 della Costituzione. Il Comune avrebbe dovuto rendere noto in modo chiaro che gli apparecchi erano disattivati, anche coprendoli visivamente, invece di mantenere un’apparenza ingannevole di piena operatività.


Esposto all'Ordine dei Giornalisti del 16.11.2025
Esposto all'Ordine dei Giornalisti del 16.11.2025

Per queste ragioni Altvelox ha inviato al direttore del Gazzettino una diffida con richiesta di rettifica ex art. 8 L. 47/1948 e art. 2 L. 69/1963, con contestuale esposto all’Ordine dei Giornalisti del Veneto e con espressa riserva di denuncia querela.


Non si tratta di “zittire” la stampa, ma di pretendere che chi esercita una funzione tutelata dall’articolo 21 della Costituzione lo faccia nel rispetto delle regole del proprio mestiere, a partire da un principio banale ma decisivo: l’informazione deve essere corretta, verificata e imparziale, certamente non fuorviante e non piegata alle esigenze di immagine dell’ente di turno.


Quando un giornale racconta come “non fuori legge” autovelox privi di omologazione e accredita come sicuramente “a norma” nuovi dispositivi che soffrono degli stessi vizi, non sta offrendo ai cittadini un quadro neutrale dei fatti, sta orientando la percezione pubblica in senso favorevole alla pubblica amministrazione, a costo di sacrificare la verità giuridica. È esattamente ciò che la legge professionale e il Testo unico dei doveri del giornalista vietano, perché il dovere di informare non si esaurisce nel riempire colonne, ma implica l’obbligo di non ingannare il lettore, neppure per semplificazione, neppure per compiacere chi detiene il potere.


Soprattutto quando si parla di strumenti che incidono ogni giorno sul portafoglio, sulla libertà di circolazione e sui diritti di milioni di cittadini, l’informazione ha il dovere di essere un argine agli abusi, non un moltiplicatore di narrazioni rassicuranti. Se i Comuni sbagliano, si dice che sbagliano. Se usano apparecchi non omologati, si scrive che sono non omologati. Se la Cassazione li smentisce, lo si spiega, non lo si cancella. Tutto il resto non è giornalismo, è propaganda travestita da cronaca. E su questo Altvelox non ha alcuna intenzione di restare in silenzio.



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