Sanremo: Autovelox senza omologazione, il GdP mette ordine annullati i verbali della Provincia condannata al risarcimento.
- Altvelox
- 2 ott
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Il Giudice di Pace di Sanremo dott. Crsitina Zeppa, ha accolto il ricorso di un automobilista, assistito dall’avvocato Marco Mazzola, confermando un principio elementare ma troppo spesso ignorato: gli autovelox devono essere omologati. L’approvazione non basta. Questa decisione segna un passo fondamentale verso il ripristino della legalità e contrasta apertamente le interpretazioni arbitrarie che in altri fori, come a Padova, hanno portato giudici a sostenere l’equivalenza tra approvazione e omologazione. Un’equivalenza inesistente, che ha spinto l’associazione Altvelox a denunciare quei magistrati.

La vicenda nasce da due verbali per eccesso di velocità elevati dalla Polizia provinciale lungo l’Aurelia bis. L’automobilista, attraverso il proprio difensore Avvocato Marco Mazzola, ha sollevato la questione dirimente: lo strumento di rilevazione non risultava omologato.
La Provincia ha resistito, invocando l’approvazione ministeriale come titolo sufficiente. Il Giudice, però, ha preso posizione chiara e lineare, richiamando le norme primarie del Codice della Strada e smontando la tesi dell’equipollenza.
Il cuore della sentenza sta in un punto essenziale: l’articolo che disciplina la materia parla solo di apparecchi “debitamente omologati”. Non è un dettaglio semantico ma una condizione di validità. Senza omologazione non c’è fonte di prova. Le procedure di approvazione e omologazione sono diverse per natura e finalità. La prima è un atto amministrativo preliminare, la seconda è una verifica tecnica stringente che garantisce la precisione dello strumento. Solo questa dà certezza giuridica al rilevamento.

La Cassazione ha più volte ricordato che non si possono scavalcare le norme primarie con circolari ministeriali o pareri interni e su questa linea si è attestato il Giudice di Sanremo nella propria sentenza. Quelle indicazioni, spesso utilizzate per giustificare l’uso di dispositivi solo approvati, non hanno forza di legge e non possono alterare il significato espresso dal Codice. La gerarchia delle fonti non lascia spazio a interpretazioni accomodanti. È un punto che mette in crisi anni di prassi amministrative e di sentenze di merito che hanno dato copertura a sistemi privi del titolo necessario.
La difesa ha avuto il merito di tenere il focus sul dato normativo e di smontare la costruzione artificiale che mette sullo stesso piano approvazione e omologazione. L’avvocato Mazzola ha riportato la discussione dentro i confini del diritto, ricordando che non è la P.A. a decidere cosa sia sufficiente ma la legge. Il Giudice ha recepito integralmente questa impostazione, ribadendo che senza omologazione non si può parlare di accertamento valido. La conseguenza pratica è stata l’annullamento dei verbali e la condanna della Provincia al pagamento delle spese.
Questa decisione ha un valore che va oltre il caso concreto. Segna un precedente importante in un contesto nazionale dove molti giudici di pace, specie a Padova, hanno sposato la tesi opposta. Lì si è arrivati persino ad affermare l’equivalenza tra approvazione e omologazione, in aperto contrasto con la legge e con la logica stessa delle verifiche tecniche. Un’interpretazione così forzata da aver costretto Altvelox a denunciare quei magistrati per le evidenti violazioni giuridiche.
Il giudice di Sanremo ha mostrato come si deve fare: non piegarsi a letture di comodo, non confondere strumenti amministrativi con requisiti legali, ma attenersi alla norma. È un esempio di giustizia corretta, che tutela il cittadino e restituisce dignità al processo. Una pronuncia che dimostra come, quando la magistratura applica con rigore le regole, l’illegittimità dei rilevatori non omologati emerge senza possibilità di equivoci.

La differenza non è accademica. Un autovelox approvato ma non omologato non offre alcuna garanzia di affidabilità. La misurazione della velocità richiede strumenti precisi, certificati, sottoposti a test severi. Altrimenti si riduce tutto a un atto burocratico che non può reggere in sede giudiziaria. È il motivo per cui la legge parla solo di “omologazione”, imponendo un livello più alto di controllo. Ridurre questo requisito a una formalità sarebbe come accettare un esame medico fatto senza strumenti tarati: un’assurdità.
La sentenza ha anche un effetto indiretto: mette in discussione i milioni di euro di multe elevate in tutta Italia con strumenti privi di omologazione. Ogni verbale fondato su quei dispositivi è potenzialmente illegittimo. E qui il contrasto con Padova diventa lampante: da un lato giudici che hanno difeso a spada tratta gli interessi delle amministrazioni, dall’altro un tribunale che ha avuto il coraggio di applicare la legge senza compromessi.
È su questo crinale che si gioca la partita della legalità. O si continua a coprire un sistema viziato alla radice, o si ristabilisce che le regole valgono per tutti, anche per chi gestisce le strade e gli autovelox. La decisione di Sanremo dimostra che la seconda strada è possibile. E che la voce della giurisprudenza può ancora difendere i diritti degli automobilisti contro abusi consolidati.
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