Venezia telelaser affondato: la Cassazione respinge il ricorso del MIT e lo condanna il risarcimento dei Taxisti.
- Altvelox
- 3 giorni fa
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La Seconda Sezione civile, con l’ordinanza 5 novembre 2025 n. 29318, conferma che senza prove serie di taratura e verifica di funzionalità periodica il verbale per eccesso di velocità non regge. Non basta l’omologazione, non basta la taratura vecchia di anni, non basta l’autotest fatto al momento. La Pubblica Amministrazione ha l’onere pieno di dimostrare l’affidabilità dello strumento, altrimenti la sanzione è illegittima.

L’occasione arriva da un caso che non riguarda l’asfalto ma l’acqua. Una cooperativa di taxi lagunari si vede recapitare dall’autorità marittima una ordinanza ingiunzione per violazione dei limiti di velocità in bacino a Venezia, accertata con telelaser dotato di rilievo fotografico, ai sensi dell’ordinanza della Capitaneria e dell’articolo 1174 del Codice della navigazione. Il Giudice di pace annulla la sanzione, il Tribunale di Venezia conferma, il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti ricorre in Cassazione e perde ancora.
Il punto centrale non è la velocità del motoscafo, ma la serietà dei controlli sullo strumento. Dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 113 del 2015, l’articolo 45 comma 6 del Codice della strada non può più essere letto come una formula vaga. Tutte le apparecchiature di misurazione della velocità devono essere sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura. La Cassazione lo ribadisce richiamando un filone ormai consolidato: nessuna scorciatoia, nessuna equiparazione tra certificato di omologazione e prova delle verifiche periodiche.

La Pubblica Amministrazione, quando il cittadino contesta l’affidabilità del dispositivo, ha l’onere di produrre le certificazioni di omologazione iniziale, le attestazioni di taratura periodica e i verbali delle verifiche di funzionalità, iniziali e successive. Non basta dire che l’apparecchio è “a posto”, non basta che il verbale riporti che “lo strumento è stato trovato funzionante”. La Corte ricorda che il verbale non fa fede privilegiata sul corretto funzionamento tecnico dell’apparecchio e che la prova delle verifiche non può essere surrogata da un generico riferimento a sistemi di autodiagnosi o all’esperienza degli agenti.
Nel caso concreto il Ministero sosteneva di avere assolto il proprio onere, producendo il certificato di taratura del telelaser e un certificato di funzionamento rilasciato da un ente collegato al produttore. Mancava però l’elemento decisivo: la dimostrazione puntuale delle verifiche di funzionalità nel tempo e, soprattutto, prima dell’accertamento contestato. Non erano indicate date chiare, non risultava alcun verbale di verifica iniziale e periodica, e il Tribunale aveva già escluso che il semplice autotest effettuato dagli agenti al momento della rilevazione potesse valere come verifica periodica. La Cassazione conferma in pieno questa impostazione e dichiara infondato il ricorso del Ministero.
Il principio è semplice e devastante per molte prassi diffuse. Se mancano gli atti che dimostrano taratura e verifiche periodiche, lo strumento perde la presunzione di affidabilità e la rilevazione della velocità non ha valore probatorio sufficiente a reggere la sanzione. Questo vale, dice la Corte, per tutte le apparecchiature, con o senza operatore, anche se dotate di autodiagnosi. Non salva nessuno: autovelox, telelaser, sistemi fissi, mobili, e nel caso specifico persino i rilievi sui natanti in laguna.

C’è anche un risvolto che esce dal recinto dell’illecito amministrativo. L’abuso di ufficio è stato abrogato e questo ha fatto tirare un sospiro di sollievo a più di qualche amministratore disinvolto. Ma la sentenza dimostra che l’ordinamento offre comunque altri strumenti: l’uso consapevole di apparecchi non correttamente verificati, a fronte di incassi sistematici da sanzioni, può integrare reati come la truffa ai danni della collettività, il falso ideologico in atto pubblico nella parte in cui si attesta il corretto funzionamento del dispositivo, o anche profili di frode nelle pubbliche forniture quando i contratti prevedono requisiti tecnici mai rispettati. Non è terreno teorico, è materia concreta per procure, corti dei conti e giudici civili.
Per gli utenti della strada, e in questo caso della laguna di Venezia, la lezione è chiara. La prima difesa è chiedere, con accesso agli atti, tutta la documentazione relativa al dispositivo: omologazione, certificati di taratura, verbali di verifica di funzionalità, date precise dei controlli. Se questi documenti non ci sono, o sono lacunosi, la sanzione si espone alle stesse censure accolte dalla Cassazione nella vicenda del telelaser veneziano. Il messaggio alla Pubblica Amministrazione, invece, è altrettanto chiaro: non basta comprare strumenti costosi e riempire di verbali cittadini e imprese, bisogna anche rispettare le regole tecniche e giuridiche che danno a quei verbali un minimo di legittimità.



