Operazione “Mappa-Velox”, Salvini vuole trasparenza o fare maquillage?
- Altvelox
- 15 ore fa
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La piattaforma del MIT non sostituisce l’omologazione, l’obbligo di legge resta, e i Prefetti avevano già gli elenchi utili in casa in poche settimane. Il Ministro chiede in diretta agli Enti periferici di comunicare le omologazioni ma nei dati richiesti dal MIT ovviamente se ne perdono le tracce perche non esistono.

Se togliamo gli slogan, restano fatti e diritto
Il Ministro ha ribadito nel Question Time del 11.09.2025, che in agosto è stata avviata una piattaforma per il censimento degli autovelox, con obbligo per gli enti di registrare i dispositivi entro ottobre, pena l’inutilizzabilità, dichiarazioni riprese da ANSA e dal MIT, con promessa di operatività a settembre, e con diversi giornali a fare eco.
Bene per la trasparenza
Nessun problema, ma la musica giuridica è un’altra, perché la mappatura non converte per magia un apparecchio “approvato” in uno “omologato”, e la differenza non è lana caprina. Lo dice la legge, non Altvelox. L’articolo 142, comma 6, Codice della Strada, parla chiaro, sono fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate, non “anche approvate”. E la Cassazione ha puntualizzato che l’approvazione non basta, serve l’omologazione, punto, con annullamento dei verbali fondati su strumenti privi di omologazione.
La mappa degli autovelox
Certo una mappatura può servire ai cittadini per capire dove sono gli apparecchi, ma non sana il vizio originario, e soprattutto non può scavalcare il requisito probatorio fissato dalla norma primaria. Prendiamola così, la mappa è un elenco, l’omologazione è un requisito legale, confondere i due piani crea solo contenzioso e sfiducia, ed è qui che casca l’asino.
Il secondo nodo, pratico e dirimente
Il Ministero comunica la piattaforma, ma precisa che i 60 giorni per caricare i dati scattano solo dalla data di avvio che dovrà essere fissata con un successivo provvedimento della Motorizzazione, tradotto in concreto, finché la data non è fissata la piattaforma non produce effetti, e la scadenza di ottobre diventa un elastico comunicativo.

Intanto, la Conferenza Stato-Città parla di un decreto dirigenziale 305 del 18 agosto 2025 che istituisce la piattaforma, ma ne subordina l’efficacia al citato avvio. Al di là dei comunicati, il diritto vive di atti efficaci e date certe. E se l’obiettivo fosse davvero censire in fretta, gli uffici prefettizi avrebbero in tasca da anni i decreti di individuazione dei tratti dove è ammesso l’uso senza contestazione immediata, sarebbe bastato interrogarli con gli altri dati tecnici per ottenere l’elenco delle postazioni in poche settimane.
Esempi? Le Prefetture pubblicano già gli elenchi dei tratti autorizzati, da Treviso a Bari, materiale che, con un coordinamento centrale, costituirebbe un inventario puntuale, verificabile e, soprattutto, già esistente. Qui la domanda sorge spontanea, perché creare un sistema macchinoso quando i dati sono nei cassetti dello Stato.
La terza verità, la più scomoda
è che la mappatura non legittima nulla sul fronte probatorio. Anche ammesso e non concesso che tutti gli enti carichino i dati, se il dispositivo non è omologato, la prova resta zoppa, perché così comanda l’articolo 142, comma 6, e come ripreso dalla giurisprudenza di legittimità, mentre la Corte costituzionale del 2015 ha imposto le verifiche periodiche di funzionalità e taratura, altro tassello che non si spunta con una riga su una piattaforma.

In breve, si può comunicare dove sta l’autovelox, ma si deve sopratutto dimostrare che quello strumento è omologato e correttamente verificato. Sono piani diversi. E quando questi piani si mischiano nella narrazione pubblica, il cittadino finisce nella giungla dei ricorsi, con amministrazioni esposte a valanghe di annullamenti e responsabilità, e con la magistratura che, salvo meritorie eccezioni, evita di fissare un perimetro uniforme, nonostante le nostre denunce e i richiami alla legalità sostanziale. Un inciso, concreto, per chi ama gli esempi, il Prefetto individua i tratti dove puoi usare postazioni senza contestazione immediata ex art. 4 del DL 121/2002, ma quella autorizzazione non vale a trasformare un apparecchio non omologato in una fonte di prova valida, serve l’atto tecnico, non l’elenco. Semplice.
Conclusione, niente dietrologie
solo diritto amministrativo applicato. Se davvero si vuole “ordine, semplificazione, sicurezza e velocità”, il percorso è lineare, primo, si pubblicano subito, in un’unica sezione MIT, tutti i decreti prefettizi vigenti, così il quadro dei tratti autorizzati è trasparente, secondo, si impone e si verifica l’omologazione dei dispositivi, uno per uno, rendendo pubblici marca, modello, numero di decreto di omologazione e Stato delle verifiche periodiche, terzo, si spegne, senza eccezioni, ciò che omologato non è, perché lo impone la legge e perché diversamente si fa cassa violando una regola base del processo probatorio.
La piattaforma può essere un utile cruscotto, non il cavallo di Troia per legittimare ciò che la legge non legittima. Il resto è comunicazione. E la sicurezza stradale, quella vera, non vive di hashtag, vive di atti, controlli e responsabilità, a partire proprio dalle amministrazioni che oggi chiediamo di rispettare le regole che pretendono dagli automobilisti.
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