Treviso: Conte a caccia di bici truccate, ma sugli autovelox senza omologazione chiude entrambi gli occhi.
- Altvelox

- 23 set
- Tempo di lettura: 4 min
Mario Conte si erge a paladino del Codice della Strada. Prima al fianco della Associazione Vittime della Strada per continuare ad usare gli autovelox oggi al fianco di FIAB contro e-bike e monopattini manomessi. Dimentica che lo stesso Codice impone l’omologazione sia per le bici elettriche quanto per gli strumenti di rilevamento della velocità. Otto milioni l’anno di multe arrivano da apparecchi non conformi, piazzati contro chi transita e non conosce il territorio, mentre i residenti restano immuni.

Quando il Codice della Strada viene invocato a metà, il risultato è sempre lo stesso: propaganda politica da campagna elettorale.
L’articolo apparso sul Gazzettino racconta dell’ennesima stretta annunciata a Treviso dal sindaco Mario Conte, deciso a colpire bici elettriche e monopattini manomessi. Macchine trasformate in piccoli scooter capaci di raggiungere i 70 o persino i 100 chilometri orari, senza alcuna garanzia di sicurezza, né per chi li guida né per chi si trova sulla loro traiettoria.
Giusto, anzi doveroso, richiamare le regole. Giusto ricordare che chi circola con un veicolo alterato, senza requisiti di omologazione e certificazione, commette una violazione e mette a rischio vite umane.

Il problema è che la stessa logica sparisce quando si parla di autovelox. E qui casca il castello retorico del sindaco Conte. Perché se davvero il Codice della Strada deve essere rispettato, non può valere solo per le bici elettriche truccate, ma anche per gli strumenti che generano milioni di euro di verbali ogni anno.
La legalità a senso unico
L’articolo racconta di pattuglie davanti alle scuole, di sequestri, di controlli serrati, di spot elettorali travestiti da lotta al degrado. Ma nessuna parola viene spesa sul fatto che lo stesso Comune di Treviso continua a usare dispositivi di rilevazione della velocità non omologati, cioè privi di quella garanzia tecnica e legale imposta dall’articolo 45 del Codice della Strada. Lo ha ribadito più volte la Corte di Cassazione: approvazione non è omologazione, e senza quest’ultima il verbale non ha valore di prova legale.
Eppure i dispositivi restano lì, accesi, pronti a catturare targhe e a produrre multe. Otto milioni di euro all’anno entrano nelle casse comunali grazie a questi strumenti. Non un centesimo arriva dai residenti, che conoscono bene dove sono piazzate le postazioni. A pagare sono sempre gli altri, i “forestieri” che attraversano la città per lavoro, turismo o semplice passaggio. Un gettito regolare, un bancomat automatico che nessuno si azzarda a toccare.
Sicurezza o cassa?
Il Codice della Strada nasce per tutelare la sicurezza, non per alimentare i bilanci comunali. Se davvero il sindaco fosse interessato alla coerenza, avrebbe dovuto dire con la stessa enfasi che i controlli riguarderanno non solo le bici truccate ma anche i dispositivi elettronici che devono essere sottoposti a regolare omologazione, certificazione metrologica e verifiche periodiche. Perché un autovelox non omologato è tanto illegale quanto una bici manomessa. La differenza è che la prima mette a rischio il cittadino con sanzioni ingiuste, la seconda con un pericolo fisico immediato.
Si parla di “pericolo pubblico” per le e-bike modificate. Ma non è forse un pericolo giuridico altrettanto grave l’uso di apparecchi non conformi, che producono atti nulli, ma comunque utilizzati per sanzionare migliaia di cittadini? La Cassazione lo ha detto chiaramente: verbali emessi con strumenti non omologati sono privi di valore probatorio. Eppure il Comune continua imperterrito, consapevole che la maggior parte delle persone non farà ricorso e pagherà, anche se non dovrebbe.
Elezioni e propaganda
Non è un caso che la campagna contro bici e monopattini arrivi a ridosso delle elezioni. L’immagine è chiara: il sindaco che tutela i bambini davanti alle scuole, che difende i pedoni, che si erge a garante della legalità. Una scena perfetta per conquistare voti tra i ciclisti e tra chi teme le strade insicure. Ma lo stesso sindaco dimentica, volutamente, che la sua amministrazione si regge su milioni di euro provenienti da strumenti che violano lo stesso Codice che oggi brandisce come spada. Legalità a senso unico, insomma. A chi serve? Non certo a chi paga le multe. Non certo a chi transita ignaro su strade presidiate da apparecchi non conformi.
Il doppio volto della legge

Qui sta l’ipocrisia: un cittadino che modifica una bici rischia il sequestro immediato. Ma un Comune che utilizza autovelox non omologati non subisce alcuna conseguenza, né amministrativa né penale, se non quelle, ancora troppo rare – che qualche tribunale coraggioso inizia a riconoscere.
Il principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione viene calpestato. Le regole valgono solo per i deboli, mai per le istituzioni. Eppure il danno giuridico ed economico prodotto da verbali illegittimi è enorme: milioni di euro sottratti ingiustamente ai cittadini, violazioni sistematiche del diritto di difesa, falsità documentali laddove nei verbali si attesta una inesistente “omologazione”.
La verità che non si vuole dire
Sicuramente esiste chi circola con biciclette elettriche o monopattini non omologati, pratica pericolosa e illegale che va repressa. Ma parliamo di una minoranza, non certo della massa degli utenti della strada. Spesso si tratta di persone che non possono permettersi un’auto, che scelgono soluzioni economiche per spostarsi. Non generano alcun gettito per il Comune, perché non passano sotto i velox e non alimentano la macchina delle multe. È qui che il discorso cambia: il Sindaco Mario Conte preferisce puntare il dito contro pochi cittadini marginali piuttosto che affrontare il nodo vero, spostare il dibattito degli autovelox non omologati che ogni anno producono milioni di euro di entrate.

Altvelox lo dice da anni: la sicurezza stradale non si costruisce con strumenti illegittimi. Si costruisce con piani del traffico ben fatti, con infrastrutture sicure, con controlli seri e non con cassa automatica e ovviamente neppure la FIAB chiede al Sindaco Conte il PUT e PGTU mai predisposti e aggiornati.
Il sindaco Conte può anche presentarsi come difensore del Codice della Strada contro bici e monopattini. Ma la verità è che ignora lo stesso Codice quando si tratta di autovelox. E finché questa contraddizione resterà irrisolta, ogni stretta sarà solo propaganda. Legalità vera significa applicare la legge per tutti: ciclisti, automobilisti e soprattutto pubbliche amministrazioni.







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