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La montagna frana, ma a cedere è lo Stato: trent’anni senza piani di sicurezza sulla SS51.

Aggiornamento: 5 giorni fa

La natura fa il suo corso, ma l’assenza dei piani di sicurezza extraurbani ha trasformato la Statale di Alemagna in una trappola prevedibile. Frane, sonde di allarme spente e silenzi istituzionali alla vigilia delle Olimpiadi 2026.

La frana in località Cancia blocca ancora la SS51 e isola Cortina in vista delle Olimpiadi
La frana in località Cancia blocca ancora la SS51 e isola Cortina in vista delle Olimpiadi

La natura fa il suo corso, come è sempre stato. Le frane scendono, i versanti cedono, l’acqua erode e il terreno si muove: sono fenomeni geologici noti, ciclici, studiati da decenni. Non si possono impedire, ma si possono prevedere, monitorare e contenere. Ed è qui che interviene o dovrebbe intervenire la mano dell’uomo, attraverso la pianificazione, la prevenzione e la responsabilità istituzionale. Da decenni la Provincia di Belluno non ha mai adottato i piani di sicurezza delle strade extraurbane, obbligatori dal 1993. Un’omissione di legge gravissima e reiterata negli anni che espone ogni giorno migliaia di automobilisti a pericoli prevedibili, documentati e, soprattutto, evitabili.


Sulla Strada Statale 51 di Alemagna, in particolare tra San Vito di Cadore e Cortina d'Ampezzo, il rischio di frane, smottamenti e colate detritiche è noto e storico. L’ultimo evento si era verificato appena lo scorso mese, solo per miracolo in quella occasione nessuno era rimasto sotto. Strada SS 51 chiusa per giorni, paesi isolati, auto sommerse con danni ingenti, ma per fortuna solo alle cose. E di nuovo in questi giorni la statale è stata chiusa al traffico dopo le forti piogge che hanno trascinato materiale roccioso e fango sull’asfalto.

L'Assessore Regionale Giampaolo Bottacin
L'Assessore Regionale Giampaolo Bottacin

Nessuna sorpresa. Solo inazione sistemica, che si traduce, puntualmente, nell’obbligo di intervenire solo dopo che il danno è compiuto, quando la frana è già caduta, la strada è già bloccata e la sicurezza è già stata compromessa.


A quel punto scatta, come sempre, la mobilitazione straordinaria delle forze di emergenza ai quali andrà sempre la nostra immensa gratitudine e ringraziamento: Vigili del Fuoco, Protezione Civile, Soccorso Alpino, volontari e tecnici specializzati, chiamati a ripristinare in condizioni estreme ciò che avrebbe dovuto essere protetto per tempo. Una catena di interventi encomiabili, spesso svolti in contesti ad alto rischio, ma che non possono e non devono diventare la risposta strutturale a pericoli cronici. Il paradosso è che si continua a investire energie, risorse pubbliche e professionalità eccellenti non per prevenire, ma per rincorrere l’emergenza, con costi economici elevatissimi e rischi umani non giustificabili.


È il frutto di un modello basato sulla mancata pianificazione, sull’assenza di prevenzione e sulla rimozione politica della realtà, in cui si accetta che una strada statale possa franare ogni stagione, anziché mettere in campo gli strumenti tecnici, normativi e ingegneristici già previsti per legge da oltre trent’anni.


Questa gestione "a posteriori" della sicurezza non è solo inefficiente: è una violazione del dovere di tutela della vita e dell’integrità fisica dei cittadini sancito dall’articolo 3 della Costituzione, e rappresenta l’esatto opposto di ciò che dovrebbe essere il governo di un’infrastruttura pubblica.

Lo smottamento avvenuto tra le località di Chiapuzza e Dogana Vecchia iniziato alle 23 del 30 giugno 2025

Se la Provincia avesse redatto i piani di sicurezza previsti dall’articolo 36 del Codice della Strada, oggi avremmo nero su bianco:

  • La mappatura del rischio attuale.

  • Le opere necessarie a contenere il pericolo.

  • I nomi e cognomi dei funzionari responsabili della mancata attivazione dei dispositivi di allerta.

  • Un sistema di protezione attivo per evitare tragedie, chiusure e interruzioni.


Invece, è emerso che le sonde di emergenza installate a caro prezzo con denaro pubblico risultavano spente durante l’ultima frana, tanto che nessuno aveva capito la gravità del fenomeno o meglio solo quando era oramai troppo tardi e i detriti avevano raggiunto le abitazioni sottostanti.

Nessuno ha mai predisposto barriere, muri di contenimento, o altre opere strutturali per impedire che il materiale scenda sulla strada o finisca nel sottostante fiume Boite, con conseguenze ambientali e idrogeologiche potenzialmente devastanti. Tutto questo avviene alla vigilia delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026. La SS51 è l’unico collegamento diretto tra la pianura padana e Cortina, ma resta esposta al primo temporale, chiusa per l’ennesima emergenza annunciata.


Le Olimpiadi


Logo Milano Cortina 2026
Logo Milano Cortina 2026

Se i piani di sicurezza fossero stati adottati, è legittimo chiedersi se la candidatura olimpica avrebbe superato i criteri tecnici internazionali. 


Le grandi manifestazioni sportive, in particolare le Olimpiadi invernali, richiedono secondo i regolamenti del CIO (Comitato Olimpico Internazionale), non solo infrastrutture sportive adeguate, ma anche garanzie di accessibilità, mobilità sicura e continuità dei collegamenti stradali. La Statale 51 è l’unica arteria terrestre che collega direttamente Cortina d’Ampezzo alla pianura padana, agli aeroporti e alle direttrici internazionali.


Il fatto che questa infrastruttura strategica sia priva da oltre trent’anni di un piano di sicurezza obbligatorio per legge, rappresenta un vulnus grave che, se fosse stato formalmente documentato nei fascicoli valutativi della candidatura, avrebbe potuto compromettere l’assegnazione stessa dell’evento.

Il rischio concreto di interruzioni, chiusure improvvise e incidenti causati da frane e smottamenti regolarmente verificatisi negli anni e ampiamente prevedibili, avrebbe posto seri dubbi sulla capacità logistica del territorio di ospitare in sicurezza centinaia di migliaia di atleti, tecnici, spettatori, giornalisti e forze dell’ordine.


Di fronte a tali omissioni, è lecito domandarsi quali informazioni siano state fornite al CIO dai soggetti istituzionali coinvolti nella candidatura, e quali verifiche siano state effettuate sulla reale situazione infrastrutturale della montagna veneta. Un paradosso che oggi si ritorce contro i cittadini, costretti a subire chiusure ripetute, pericoli concreti e un’opacità istituzionale che stride con le promesse di efficienza e sviluppo portate in vetrina dal brand olimpico.


Il Presidente della Provincia di Belluno - Roberto Padrin
Il Presidente Provincia di Belluno - Roberto Padrin

Altvelox ha già denunciato queste mancanze alla Procura della Repubblica di Belluno, che recentemente e con estrema sorpresa ha chiesto l’archiviazione di uno dei procedimenti da noi promossi. Ci siamo opposti, e ora aspettiamo di portare davanti a un giudice i vertici della Provincia, di ANAS S.p.A. e della Prefettura, per accertare le responsabilità e le violazioni sistemiche di legge.


Nel frattempo, anche la politica nazionale balbetta. Il senatore Luca De Carlo, già sindaco di Calalzo di Cadore e perfettamente a conoscenza del problema, interessandosi della sicurezza delle strade provinciali di Belluno, ha dichiarato recentemente alla stampa con un articolone da pagina intera... che i fondi per la sicurezza stradale, inizialmente tagliati, sarebbero stati ripristinati. Ma alla nostra richiesta formale di intervento istituzionale per spiegare l’assenza dei piani di sicurezza, non è mai arrivata alcuna risposta. Silenzio.


Non è più tempo di alibi né di rassicurazioni. I cittadini hanno il diritto di sapere chi ha ignorato la legge per trent’anni, chi ha lasciato la Conca Ampezzana esposta a una frana dopo l’altra, e chi ha permesso che l’unica strada di accesso alle Olimpiadi 2026 si trasformasse in un pericolo permanente e sistemico.

Logo Comitato Olimpico Internazionale
Logo Comitato Olimpico Internazionale

Altvelox non si limita a denunciare a parole. Abbiamo redatto un documento tecnico-legale dettagliato, basato su dati, norme, atti pubblici e omissioni documentate, che abbiamo trasmesso ufficialmente al Comitato Olimpico Internazionale (CIO). Non sarà il solito dossier dimenticato in un cassetto. Questa volta il problema non è solo locale, ma ha una rilevanza internazionale: riguarda la sicurezza, la trasparenza amministrativa, e la credibilità dell’Italia come Paese ospitante.


Se il CIO, come afferma nei propri standard, pone la sicurezza degli atleti e degli spettatori tra i principi fondamentali, allora non potrà ignorare quanto accade da decenni lungo la SS51 di Alemagna, oggi ancora soggetta a frane, interruzioni e dispositivi di allerta non funzionanti. Il nostro invio non è una provocazione, ma un atto formale e motivato: ci aspettiamo che venga preso in considerazione e valutato con attenzione, perché la sicurezza non può essere subordinata a esigenze politiche, interessi economici o convenienze istituzionali.


Abbiamo agito con senso civico e giuridico. Ora vedremo se anche le istituzioni internazionali vorranno aprire gli occhi dove quelle italiane, per troppo tempo, hanno preferito chiudere tutto... e sepolto sotto la solita frana di silenzi.


Il Senatore Luca De Carlo (FDI) e la SS51
Il Senatore Luca De Carlo (FDI) e la SS51



Foto-credit #MassimoBortoluzzi consigliere Provincia Belluno. Video-credit #Ansa


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