Quando la giustizia ignora la legge: il caso degli autovelox a Rovereto.
- Altvelox
- 1 giorno fa
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Il tema degli autovelox non è questione di opinioni, ma di legge. E la legge, sul punto, è chiara: gli accertamenti di velocità hanno valore probatorio solo se eseguiti con apparecchiature “debitamente omologate”. Nonostante ciò, a Rovereto assistiamo a un fenomeno inquietante: decreti prefettizi che autorizzano postazioni prive dei requisiti di legge e sentenze del Giudice di Pace che avallano l’uso di strumenti soltanto approvati, ignorando la distinzione fondamentale tra approvazione e omologazione.

L'autorizzazione del Prefetto
Sulla S.P. 90 Destra Adige, nel Comune di Isera (TN), è comparso un autovelox che in breve tempo ha trasformato quel tratto di strada in una vera macchina da multe. Ma dietro l’apparente regolarità dei verbali c’è una questione ben più seria: l’uso di dispositivi soltanto approvati e non omologati, autorizzati con decreti prefettizi che mancano dei presupposti richiesti dalla legge.
La storia è emblematica. L’apparecchio in questione, modello Autosc@n Speed, è stato autorizzato dal Commissario del Governo di Trento con decreto ex art. 4, comma 2, del D.L. 121/2002. La norma consente di installare sistemi automatici senza contestazione immediata soltanto nei tratti di strada extraurbana che abbiano un tasso di incidentalità elevato o caratteristiche strutturali tali da rendere impossibile il fermo in sicurezza. Eppure, sulla S.P. 90 quei requisiti non c’erano e neppure gli incidenti (per fortuna).
Sulla S.P. 90, il Prefetto ha infatti autorizzato l’uso differito dell’autovelox senza che vi fosse un elevato tasso di incidentalità, condizione essenziale secondo la legge. Lo ha confermato anche il Consiglio di Stato con la sentenza n. 4321/2014: se manca il requisito dell’incidentalità, l’autorizzazione non può essere concessa.
C’è di più. La strada in questione non presenta banchine idonee, necessarie per essere qualificata come “extraurbana secondaria” (art. 2, comma 3, lett. C, CdS). Senza quella classificazione, l’autorizzazione prefettizia non ha alcun fondamento giuridico. La Cassazione, con varie pronunce (ord. n. 1805/2023 e n. 5078/2023), ha ricordato che il decreto prefettizio può essere disapplicato se include strade prive delle caratteristiche previste dalla legge.

Le sentenze del Giudice di Pace di Rovereto
Nonostante questo quadro normativo e giurisprudenziale, il Giudice di Pace di Rovereto, dott. Raffaele Moschettino, ha respinto numerosi ricorsi contro i verbali emessi a Isera e non solo quello. Nelle sentenze del 2025 ha sostenuto che approvazione e omologazione siano equivalenti, richiamando un parere dell’Avvocatura dello Stato del 18 dicembre 2024 e alcune circolari ministeriali. Il problema è che pareri e circolari sono atti amministrativi privi di valore normativo, che non possono superare una norma primaria come l’art. 142, co. 6, CdS. La Cassazione lo ha già chiarito: nessuna interpretazione ministeriale può sostituirsi alla legge.
Il giudice ha poi dato grande rilievo alla taratura annuale e al corretto funzionamento dell’apparecchio, come se questo bastasse a legittimare la rilevazione. È vero che la verifica periodica è necessaria (Cass. n. 8964/2022), ma non può sostituire l’omologazione. Un autovelox perfettamente tarato ma non omologato resta comunque privo di validità probatoria. In questo modo si consolida un sistema che scarica sui cittadini l’onere di difendersi da verbali viziati fin dall’origine. Gli automobilisti vengono colpiti da sanzioni che non dovrebbero esistere, le amministrazioni incassano milioni di euro da strumenti giuridicamente inidonei e la credibilità delle istituzioni subisce un colpo pesantissimo.
La Corte Costituzionale ha sempre sottolineato che il principio di legalità è cardine del sistema sanzionatorio. Se viene meno, le multe non sono più uno strumento di sicurezza, ma un abuso che travolge i diritti fondamentali degli utenti.
Il corto circuito tra Regione, Provincia e Giudici di Pace

In Trentino si è creato un intreccio istituzionale che mette in dubbio l’indipendenza dei Giudici di Pace. La Regione Trentino-Alto Adige ha stipulato una convenzione con l’Università di Trento per finanziare la formazione dei giudici onorari. Fin qui nulla di strano, se non fosse che quei giudici operano negli uffici giudiziari della Provincia autonoma di Trento e sono chiamati ogni giorno a decidere sui ricorsi contro verbali di autovelox.
Ed è proprio la Provincia ad avere un interesse diretto in quelle decisioni: per legge incassa il 50% dei proventi delle multe rilevate con sistemi elettronici. In pratica, l’ente che beneficia economicamente delle sanzioni partecipa, sia pure in via indiretta, alla formazione dei giudici che devono stabilirne la legittimità. Un cortocircuito evidente, che mina la fiducia dei cittadini e contrasta con l’art. 111 della Costituzione, che impone imparzialità e parità delle parti nel processo.
Il rischio non è teorico. Alcune sentenze del Giudice di Pace di Rovereto, dott. Raffaele Moschettino, hanno respinto ricorsi avverso multe da autovelox, affermando l’equivalenza tra approvazione e omologazione degli strumenti. Una tesi già smentita notoriamente dalla Corte di Cassazione. Così, decisioni che avallano strumenti privi di omologazione finiscono per rafforzare indirettamente gli introiti provinciali derivanti dalle multe. È il segno di un conflitto istituzionale che non riguarda solo la tecnica giuridica, ma la sostanza stessa della terzietà del giudice.
La formazione dei magistrati onorari è necessaria, ma non può essere collegata, neppure indirettamente, a interessi finanziari delle amministrazioni locali. Quando accade, l’imparzialità viene compromessa e il processo si trasforma in un meccanismo di ratifica del potere amministrativo.
La gravità delle violazioni impone un intervento immediato: occorre ripristinare piena legalità e garantire che i giudici di pace operino indipendentemente da ogni condizionamento economico, a tutela dei diritti fondamentali degli utenti della strada.

Conclusione
Il caso di Rovereto e della S.P. 90 a Isera non è un episodio isolato. È il segnale di un meccanismo distorto che mette in secondo piano la legge per privilegiare esigenze di cassa. L’art. 142 del Codice della Strada è chiaro: solo le apparecchiature debitamente omologate possono costituire fonte di prova valida.
La Corte di Cassazione lo ha ribadito più volte con sentenze recenti e inequivocabili, ma nonostante ciò si continua a piegare la norma, ricorrendo a pareri ministeriali e circolari amministrative che non hanno alcun valore rispetto a una disposizione di rango primario.
Il punto è che questa pratica non riguarda solo un autovelox o un singolo decreto prefettizio. Siamo davanti a un sistema che, di fatto, legittima l’uso di strumenti privi dei requisiti di legge, scaricando sui cittadini l’onere di difendersi da verbali già viziati alla radice. Ciò comporta un danno economico, con milioni di euro incassati senza basi legali, ma soprattutto un danno istituzionale, perché la fiducia nella giustizia e nella funzione di garanzia dello Stato viene compromessa.
La gravità delle violazioni riscontrate impone un intervento immediato: solo il pieno ripristino della legalità può garantire sicurezza stradale, giustizia per i cittadini e rispetto dei principi fondamentali del nostro ordinamento.
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