top of page

San Donà di Piave e il caso degli autovelox non omologati denunciato alla Cassazione, multe illegittime e conflitti d’interesse.

Il Sindaco Alberto Teso, persiste indisturbato a sanzionare e noi a denunciare. In questi ultimi mesi, come Associazione Altvelox, abbiamo raccolto e documentato decine di segnalazioni riguardanti il Comune di San Donà di Piave. Tutte hanno un punto in comune: l’utilizzo sistematico di autovelox non omologati per sanzionare gli automobilisti. Sembra assurdo da scrivere, ma è proprio così: si usano dispositivi non a norma, si emettono multe su queste basi, e nessuno, fino ad ora, ha mosso un dito per fermare questa prassi.


Il Sindaco di San Donà di Piave - Alberto Teso
Il Sindaco di San Donà di Piave - Alberto Teso

Abbiamo presentato tre denunce-querele dettagliate, con nomi, date, documenti, sentenze e riferimenti normativi. Eppure, nessun procedimento penale è stato aperto. Silenzio assoluto. Ma la legalità non può essere a corrente alternata. La legge vale per tutti. O almeno dovrebbe. Ed allora ieri abbiamo trasmesso tutto al Primo Presidente della Corte di Cassazione, al CSM e nuovamente alla Corte dei Conti Nazionale e Regionale assieme alla Autorità Anticorruzione.


L’omologazione non è un dettaglio tecnico: è la base di tutto


Partiamo da un concetto chiaro. Per essere usato legalmente, un autovelox deve essere omologato. Non basta che sia “approvato” da un ministero o che funzioni “bene secondo l’agente che lo usa”. Serve un decreto specifico, rilasciato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT), che certifichi che il dispositivo è stato testato, verificato e conforme a determinati standard tecnici.


Questo lo dice l’art. 142 del Codice della Strada, lo ribadisce la Cassazione in decine di sentenze, e lo ha messo nero su bianco anche la Corte Costituzionale. Senza omologazione, l'autovelox è solo un dispositivo elettronico piazzato a bordo strada. Non può essere usato per multare nessuno.


Verbale denuncia-querela del 18.09.2025
Verbale denuncia-querela del 18.09.2025

Cosa succede a San Donà di Piave


Nel caso specifico, parliamo dell’autovelox modello VRS-EVO-T12-5-RS4 installato sulla S.R. 43, all’altezza del km 11+480, in direzione San Donà, ma ne utilizzano anche altri analoghi. Questo dispositivo viene usato regolarmente per rilevare e sanzionare eccessi di velocità. Ma non risulta avere il decreto di omologazione richiesto dalla legge.


Le multe vengono comunque emesse, e chi le contesta vince quasi sempre. Il Giudice di Pace di San Donà ha annullato tantissimi verbali proprio per mancanza di omologazione. Non si tratta quindi di una supposizione: è un fatto.

Eppure, nonostante le sentenze, il Comune continua ad usare lo stesso strumento. Come se nulla fosse.


Il danno non è solo giuridico, ma anche economico


Chi riceve una multa illegittima ha due scelte: o paga, subendo un’ingiustizia, oppure fa ricorso, perdendo tempo, energie e spesso dovendo anticipare spese legali. Nel frattempo, il Comune continua ad incassare. E quando il ricorso viene accolto? La Pubblica Amministrazione speso deve restituire i soldi e pagare anche le spese legali, quindi con un danno erariale che ricade sulla collettività.


Il paradosso è questo: chi viola la legge (l’ente pubblico) non paga nulla. Chi la subisce (il cittadino), invece, deve dimostrare di avere ragione, spesso in tribunale.


Le responsabilità sono chiare, ma nessuno interviene


La Prefettura di Venezia ha autorizzato l’uso di questo autovelox senza che ci fossero i requisiti minimi previsti dal Codice della Strada. Mancano i dati sull’incidentalità, i piani urbani del traffico non sono aggiornati, e le caratteristiche della strada non permettono l’uso del dispositivo in modalità “senza contestazione immediata”.


Anche qui, lo dice la legge, e lo confermano più sentenze: su una strada senza banchine laterali o senza particolari rischi per gli agenti, non puoi mettere un autovelox fisso e multare senza fermare il veicolo. Ma succede lo stesso.


Il Sindaco Teso è denunciato anche all'Ordine
Il Sindaco Teso è denunciato anche all'Ordine

Dov’è il verbale di corretta funzionalità?


Ogni volta che un autovelox viene usato, deve essere accompagnato da un verbale di verifica di funzionalità. Non basta che sia “tarato una volta all’anno”: serve un controllo documentato che attesti che lo strumento funziona proprio nel giorno in cui rileva la velocità.


A San Donà, questi verbali non si trovano. Nessuno li ha mai visti. Non li ha visti il Giudice di Pace, non li abbiamo ottenuti noi tramite accesso agli atti, e, cosa più grave, sembrano non esistere proprio. In mancanza di questo verbale, la multa è nulla.


Non è una svista: è una strategia


Se tutto questo accadesse una volta sola, si potrebbe pensare a un errore. Ma qui siamo davanti a un comportamento reiterato, organizzato e consapevole. Si usano strumenti non omologati. Non si redigono i verbali richiesti. Si ignorano le sentenze della Cassazione. E si continua imperterriti a fare multe, tanto “qualcuno le paga comunque”.


È doveroso sottolineare un aspetto che rende ancora più grave l'intera vicenda. Il sindaco di San Donà di Piave, Alberto Teso, è un avvocato iscritto all'albo di Venezia. Proprio per questo, ci si aspetterebbe da lui una piena conoscenza del diritto e un rispetto ancora più rigoroso delle norme, specialmente quando si tratta di applicarle ai cittadini.


E invece è lo stesso sindaco ad aver dichiarato pubblicamente che, a suo dire, l'Avvocatura dello Stato avrebbe equiparato l'omologazione alla semplice approvazione dei dispositivi di rilevazione. Ma questa affermazione è profondamente scorretta. La Corte di Cassazione, con una giurisprudenza ormai costante, ha chiarito in modo inequivocabile che tale equiparazione non ha alcun valore legale: non basta un parere amministrativo, per quanto autorevole, a sovvertire il principio di legalità stabilito dalla legge e confermato dalle sentenze.


Il Sindaco Alberto Teso ha nominato la sorella Martina Teso a sua difesa nella veste di Sindaco di San Donà.
Il Sindaco Alberto Teso ha nominato la sorella Martina Teso a sua difesa nella veste di Sindaco di San Donà.

Continuare a sostenere il contrario significa travisare consapevolmente il quadro normativo, con l’effetto di confondere i cittadini e legittimare una prassi chiaramente illegittima. A rendere la situazione ancora più delicata c'è il fatto che il sindaco ha nominato come legale del Comune sua sorella, avvocato nello stesso studio professionale di cui egli stesso è titolare. Una scelta che, a quanto risulta, non è stata oggetto di alcuna delibera da parte della giunta o del consiglio comunale.


Se confermata, si tratterebbe di una nomina avvenuta in totale assenza di trasparenza istituzionale, in aperto contrasto con le più basilari regole sull’assegnazione degli incarichi legali nella pubblica amministrazione. In una vicenda già compromessa da profili giuridici seri, il coinvolgimento diretto di familiari in ruoli professionali così sensibili e senza atti formali pubblici solleva interrogativi che non possono essere ignorati. Qui non è in gioco solo la correttezza delle multe, ma l'affidabilità dell'intero processo decisionale di un’amministrazione pubblica.


È questo il punto più grave: non siamo di fronte a un problema tecnico, ma a un abuso di potere.


Il ruolo della magistratura


Abbiamo chiesto formalmente alla Procura della Repubblica di Venezia di intervenire. Abbiamo documentato ogni passaggio. Ma a oggi non risulta nessuna iscrizione nel registro degli indagati. La risposta è stata che “non ci sono iscrizioni suscettibili di comunicazione” e quindi nessuna azione penale è stata attivata. Questo, a nostro avviso, non è accettabile.


L’articolo 112 della Costituzione stabilisce che l’azione penale è obbligatoria. Se ci sono elementi di reato e qui ce ne sono, la Procura deve indagare. Se non lo fa, si crea un vuoto. E quando lo Stato abdica al suo ruolo di garante della legalità, la fiducia dei cittadini va in crisi.


Serve una svolta, subito


La situazione di San Donà di Piave è solo uno dei tanti casi in Italia dove si fa un uso scorretto e illegittimo della tecnologia per fare cassa. Ma qui, più che altrove, la documentazione è chiara, le sentenze sono numerose e il comportamento dell’ente è ormai indifendibile.


Come Altvelox, continueremo a fare la nostra parte. Ma è arrivato il momento che anche le autorità preposte facciano la loro. Non chiediamo favori. Chiediamo solo legalità, trasparenza e rispetto delle regole. Le stesse che si pretendono da ogni automobilista multato.



Commenti

Valutazione 0 stelle su 5.
Non ci sono ancora valutazioni

Aggiungi una valutazione
bottom of page