A rilevare la velocità sappiamo che sono impeccabili, a rilevare l’ipocrisia di chi veste di educazione stradale un mezzo per fare cassa no. Ma non importa perché l’ipocrisia in questione si vede a occhio nudo. Mettetevi comodi e leggete.
A rilevare la velocità sappiamo che sono impeccabili, a rilevare l’ipocrisia di chi veste di educazione stradale un mezzo per fare cassa no. Ma non importa perché l’ipocrisia in questione si vede a occhio nudo. Sindaci e soloni vari - ne ho beccati tanti nei giorni in cui sembrava che Fleximan fosse il problema numero uno dell’Italia e della sua... inciviltà - sostengono che misure come gli autovelox siano fondamentali per educare gli automobilisti indisciplinati e per evitare incidenti per colpa dell’alta velocità. Se così fosse, però, non dovrebbero mettere nei bilanci previsionali la stima di quel che potrebbero incassare perché è una scommessa che puzza di trucco contabile per far quadrare i conti e soprattutto indica un obiettivo di cassa da centrare.
I dati del Sole24Ore sono una radiografia perfetta di come vanno le cose in Italia, ci torneremo. Prima però voglio dedicare ancora qualche riga alle nobili giustificazioni di chi appunto ci racconta che la “dura legge dell’autovelox” serve per prevenire gli incidenti, cioè mettere paura all’automobilista affinché capisca le conseguenze di una guida non rispettosa dei limiti.
PARADOSSI
Intanto va detto che di educativo non c’è nulla quando ti piazzano l’autovelox a pochi passi da un cartello che commuta un limite di velocità portandolo - esempio - da 70 a 50: lì c’è solo l’intenzione di elevare contravvenzioni. Così come piazzarne più di uno in un rettilineo con limite urbano: non è facile controllare il tachimetro. Però facciamo finta che davvero l’obiettivo sia salvare le vite e mettere paura. A questo punto però domando: con gli autovelox si vogliono evitare incidenti e danni alle persone, poi quando la cronaca ci consegna un tragico fatto di omicidio stradale l’esito del processo è paradossale. «Uccise un bambino nella folle corsa in auto. Lo YouTube patteggia: eviterà il carcere».
Fatemi capire: un bambino di 5 anni muore perché, come appurato dal gip, «lo scopo della corsa era guadagnare con la pubblicità sul web» e la pena non prevede il carcere? Ho preso solo una delle ultime decisioni di questo tipo, perché non si tratta affatto di un caso isolato. Mi sfugge il senso educativo delle sanzioni: multe e rischio di ritiro della patente se ha il piede pesante ma non succede nulla se invece investi persone?
NORD E SUD
Appurato il primo controsenso, arriviamo al secondo messo in prima pagina ieri ossia lo sbilanciamento delle multe tra nord e sud come se pure sull’autovelox il nord debba pagare di più. E perché mai? Proprio nei giorni in cui i sindaci e gli amministratori del Mezzogiorno piangono per una autonomia ingiusta (?), gli stessi rinunciano a incassare le multe comminate. Nelle isole la media delle sanzioni effettivamente pagate è di 10,3 euro, al Sud è di 13 euro: quasi tre volte sotto la media del Centro Nord. Al signor De Luca potremmo rinfacciare il dato di Napoli: 14 per cento o di Palermo 12,2. Un’altra fotografia della sciatteria con cui certi amministratori trattano le regole.
TELECAMERE E DINTORNI
E poi il Nord, si diceva. Le cui strade son già finite sotto osservazione, e da mesi, per quegli autovelox “seriali”, Fleximan e le polemiche al seguito. Il rilevatore del passo di Giau, a Colle Santa Lucia, in provincia di Belluno, in Veneto ne è un esempio eclatante. Il Comune di Colle, nel 2023, ha incassato un totale di 747.096,42 euro (esatto al centesimo) sotto la voce, generica, di “multe”: solo che fa appena 346 abitanti per cui, su un piano meramente statistico, ognuno avrebbe messo mano al portafoglio per 2.159 euro, 83 volte di più della media nazionale. D’accordo, qui ritornano i forestieri e turisti di passaggio: ma l’antifona rimane quella. «Come ministero siamo impegnati per limitare il moltiplicarsi degli “autovelox fai-da-te” ovunque». È il ministro dei Trasporti, Matteo Salvini (Lega), a commentare sui social: «I rilevatori di velocità sono utili nei punti e nelle strade più a rischio, ma non possono essere piazzati ovunque, senza motivazione di sicurezza e solo per tartassare lavoratori e automobilisti». Ché un conto è la (sacrosanta) sicurezza stradale, un altro è “far cassa” sulla pelle degli automobilisti.
BOLOGNA 30 ALL'ORA
A Bologna, la città del talebanesimo dei 30 all’ora, i dispositivi che segnalano la velocità di crociera agli automobilisti non sarebbero omologati. In più il loro uso avrebbe già portato a due infortuni sul lavoro di altrettanti vigili urbani. Un bel quadretto che si aggiunge alle numerose polemiche seguite alla decisione di ridurre la velocità di percorrenza della stragrande maggioranza delle strade cittadine, che ha portato all’intervento deciso del ministro dei Trasporti Matteo Salvini.
A denunciare questa situazione è stato lo Snater, una delle sigle sindacali della polizia locale di Bologna. Una battaglia subito ripresa dal gruppo consigliare della Lega, che ha subito presentato una serie di interrogazioni alla giunta, alle quali però, spiega il capogruppo del Carroccio a Bologna Matteo Di Benedetto «il Comune non sta rispondendo alle nostre interrogazioni sul tema e non ci sta fornendo la documentazione che abbiamo chiesto».
Tornando agli agenti di polizia locale i problemi denunciati relativi a questi dispositivi sono di due ordini. Il primo riguarda la loro omologazione rispetto alle regole fissate dal ministero dei Trasporti fin dal 2007. Per lo Snater «mancano della necessaria omologazione» e poi «manca il regolamento per il loro corretto utilizzo». I vigili giurano di averlo cercato in lungo e in largo, ma non l’hanno trovato. L’unica risposta dell’amministrazione data ai sindacati è che questi dispositivi servono solo a segnalare la velocità, non a multare i trasgressori.
La giustificazione però non ha convinto gli agenti. Anche perché esiste anche un problema di affidabilità e di tutela dell’automobilista. Secondo i documenti a disposizione «la loro affidabilità è garantita solo da verifiche periodiche conformi alle relative specifiche tecniche e degrada in assoluta incertezza quando queste non vengono effettuate da un organo terzo competente per legge». Inoltre «nelle more del decreto del ministero è precisato che questi pannelli non possono proiettare luci di colore verde o rosso proprio per non indurre gli utenti della strada a fare confusione coi segnali luminosi semaforici». Addirittura il ministero nel 2007 aveva messo in guardia da questi dispositivi «ritenendo che potessero essere un potenziale pericolo per la circolazione stradale in quanto possono indurre ad improvvise frenate».
DOVE SI PAGA DI PIU'
Un miliardo e mezzo. Anzi, qualcosina in più: per essere precisi parliamo di 1,535 miliardi di euro. Sono i soldi (i tanti soldi) che gli italiani hanno speso, e solo nel 2023, per le multe stradali. Uno scontrino, però, che è di quelli salati ed è addirittura sensibilmente rincarato (del 6,4% rispetto all’anno prima e del 23,7% rispetto al 2019). Lo afferma, tabelle alla mano, il quotidiano Sole24Ore che è andato a spulciare i dati del Siope, il sistema telematico del ministero dell’Economia. Eccola lì, la stangata modello verbalino.
Una stangata, tra l’altro, che tocca in massima parte le Regioni del Nord. Piccolo appunto: i numeri del Siope sono gli incassi effettivi, non le multe staccate. C’è differenza. I furbetti, gli stranieri che hai voglia a recuperarli, i turisti che una volta ricevuta la notifica son già volati chissà dove. E infatti la mappa delle infrazioni sanate vira quasi tutta al Settentrione (che vale l’84,3% della torta), mentre al Sud resta un risicato 15,7 per cento.
Per capirci: se a Palermo l’ufficio Riscossioni del Comune riesce a farsi pagare a malapena il 12,2% delle multe attestate a bilancio (percentuale che sale al 21% se si mettono sul piatto pure gli arretrati), i colleghi dello stesso dipartimento di Bologna fanno almeno cinque volte meglio, ossia riescono a incamerare pagamenti per il 63,7% dei verbali notificati. Non è poco. E non è poca nemmeno la differenza territoriale. In soldoni (che poi è ciò che interessa) in un anno il Nord-Ovest del Paese incassa 554 milioni di euro per le multe; il Nord-Est altri 347,7 milioni; su per giù quanti ne riesce a incamerare il Centro (392,8 milioni): ma al Sud la cifra crolla a neanche 175 milioni di euro (174,9) e nelle Isole scende fino a sfiorare i 66 milioni (65,8).
Esempio pratico: il Comune di Sondrio (in Lombardia) e quello di Isernia (in Molise), entrambi capoluoghi di provincia, fanno poco meno di 22mila abitanti a testa. Eppure a Sondrio il pagamento pro-capite per le multe è di 30,8 euro, persino in ribasso del 4,8% in un anno; e a Isernia è di appena 2,5 euro e addirittura in rialzo del 21,5%. Colpa dei controlli (sono in aumento), degli indisciplinati al volante (pure), un po’ anche del Covid (che non è più un’emergenza e quindi non ci costringe a restare barricati in casa per il lockdown di turno: anche se questa, come abbiamo visto col corrispettivo pre-virus, è una scusa a metà): il risultato è che dalla multa non si scappa e colpisce (quasi) tutti.
Chi abita nei piccoli Comuni che non arrivano ai 10mila abitanti (238,6 milioni di euro incassati dalle amministrazioni); chi vive nelle cittadine medie di provincia, quelle che contano pressapoco 250mila anime (più 3,3%) e chi la casa, compresa di garage, ce l’ha in una grande metropoli. Prendi Firenze.
L’Arno, Santa Maria Novella, gli Uffizi. E poi i suoi autovelox. Nel 2019 Firenze ha totalizzato 38,7 milioni di euro dagli automobilisti “ribelli”, nel 2023 ha messo in cassa la bellezza di 71,8 milioni di euro: che sono un aumento più della metà, ossia l’85,5% oltre il fatturato pre-pandemia. Ovvio, a Firenze vigili e occhi elettronici pizzicano non solo i residenti ma anche i turisti (tanti) e i pendolari (pure). Tuttavia il concetto cambia di poco e, curiosamente, le cose a Milano e Roma vanno meglio. Vale a dire che sotto la Madonnina le multe sono calate, in appena 12 mesi, del 3,7%, mentre a ridosso del Colosseo dell’11,7%. A Bologna (la lenta Bologna a trenta all’ora) gli esborsi causa verbale stradale sono schizzati su del 12,2% se comparati a quelli del 2022 e del 6,8% se raffrontati con quelli del 2019. Non si salva nessuno.
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