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Autovelox solo “approvati”: per la Cassazione penale sono illegittimi e i reati restano in piedi.

La Sesta Sezione penale conferma, anche sul versante penale, che l’approvazione ministeriale non equivale all’omologazione prevista dal Codice della strada. Chi ha fornito e usato apparecchi solo approvati risponde di frode in pubbliche forniture e falso ideologico nei verbali, con buona pace delle circolari “creative”. Il sequestro viene annullato solo per difetto di motivazione sul pericolo attuale, non perché gli autovelox siano regolari.


La Cassazione Penale conferma i reati per fornisce e utilizza rilevatori non omologati.
La Cassazione Penale conferma i reati per commercializza e utilizza rilevatori non omologati.

La sentenza della Corte di Cassazione penale del 5 novembre 2025, mette un altro mattone, pesante, in un muro già chiaro: gli autovelox solo “approvati” dal Ministero non sono giuridicamente idonei a fondare sanzioni, e chi li fornisce alla pubblica amministrazione rischia sul piano penale, non solo amministrativo.


Il caso nasce dal sequestro preventivo di vari dispositivi di rilevazione della velocità T-EXSPEED 2.0, forniti a più Comuni da una società privata e che alcuni comuni anche da noi denunciati, come Venezia, Vicenza, Modena, nei contratti e nei capitolati si parlava tranquillamente di apparecchi “omologati”, mentre in realtà risultavano solo approvati, e in un caso neppure quello. Da qui l’iscrizione dei legali rappresentanti per frode in pubbliche forniture e falso ideologico per induzione in errore, in relazione sia ai contratti sia ai verbali di contestazione elevati con quegli strumenti.


Sentenza Cassazione penale del 05.11.2025
Sentenza Cassazione penale del 05.11.2025

La Cassazione conferma in pieno la linea già tracciata dalla giurisprudenza civile: approvazione e omologazione sono due procedure diverse, con presupposti e finalità non sovrapponibili. L’articolo 45 del Codice della strada e l’articolo 192 del Regolamento parlano chiaro, le due parole non sono sinonimi e non lo diventano perché qualche circolare ministeriale o parere dell’Avvocatura decide di far finta di niente. Se l’apparecchio non è omologato, non può essere usato come fonte di prova dell’eccesso di velocità, punto.


Sul piano penale, la Corte è netta. La difformità tra quanto promesso nei contratti (apparecchi omologati) e quanto effettivamente fornito (solo approvati, o addirittura privi di qualsiasi titolo idoneo) integra il fumus del reato di frode in pubbliche forniture: il dolo richiesto è la consapevolezza di consegnare beni qualitativamente diversi da quelli pattuiti, non serve un trucco particolarmente raffinato. E il fatto che i Comuni non abbiano mai contestato i contratti non aiuta i fornitori, anzi conferma che gli enti sono stati indotti in errore e avevano tutto l’interesse a non mettere in discussione le migliaia di verbali emessi.


Ancora più delicato il profilo del falso ideologico nei verbali. La difesa provava a giocare sul fatto che il verbale non ha valore di prova legale fino a querela di falso quanto alla taratura o all’omologazione. La Cassazione risponde che questo è irrilevante: il verbale è comunque un atto pubblico, attesta la verità dei fatti indicati, e la falsa indicazione che l’apparecchio è omologato integra il reato di falso ideologico del pubblico ufficiale che lo redige. Che quella parte dell’atto non goda di “fede privilegiata” serve solo a escludere l’aggravante, non il reato base.


Interessante il passaggio sulle figure di reato. Anche se la vecchia figura dell’abuso di ufficio, oggi abrogata, non è più lo strumento tipico per colpire certe distorsioni nella gestione del potere pubblico, la vicenda mostra che l’ordinamento penale ha comunque altri strumenti: frode in pubbliche forniture, falso ideologico in atto pubblico, e in casi estremi truffa aggravata o altre fattispecie legate all’uso distorto di risorse pubbliche. Non esiste alcun “vuoto di tutela” che consenta a fornitori disinvolti e amministratori distratti di sentirsi al sicuro.


L’unico punto su cui i ricorrenti ottengono un risultato riguarda il sequestro preventivo. La Cassazione annulla l’ordinanza solo perché il Tribunale non ha spiegato in concreto quale pericolo attuale volesse prevenire con il sequestro, dato che, una volta emerso il difetto dei dispositivi, i Comuni non dovrebbero più utilizzarli e sarebbe ragionevole attendersi la cessazione spontanea dell’uso. Manca cioè una motivazione seria sul cosiddetto periculum in mora, non sul fumus dei reati.


Tradotto per chi ogni giorno subisce questi apparecchi: la Cassazione penale conferma che autovelox solo approvati non possono reggere né sul piano delle multe, né su quello penale. Fornitori e amministratori non possono più nascondersi dietro le circolari. E ogni Comune che continua a usare strumenti privi di omologazione si assume un rischio concreto, non solo di vedere annullati i verbali, ma di finire trascinato in procedimenti penali insieme ai suoi partner “tecnologici”.


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